Domenica 12 giugno 2011.
In compenso il cappuccino all'aeroporto di Addis Abeba c'era, ma non abbiamo avuto il coraggio di provarlo, distrutti come eravamo dopo quasi otto ore di volo, con poche dormite qua e là.
La brevità dello scalo in Etiopia (più la stanchezza del viaggio) non ci ha permesso di capire granché di dove eravamo: l'unica cosa che abbiamo percepito subito è stato l'incredibile mescolamento di nazionalità, etnie, visi, tipi umani diversi, e noi ci sentivamo i più diversi di tutti.
Le nostre facce bianche, in mezzo a tutti quei colori, ci facevano sentire come lampadine accese.
La prima parola che abbiamo imparato, una volta arrivati a Maputo, è stata “obrigado”, cioè “grazie”: l'avremo detta una centinaio di volte agli amici mozambicani che ci sono venuti a prendere all'aeroporto, con un'accoglienza che ci ha veramente commosso.
Il primo “flash” di Maputo dal finestrino dell'auto (una sorpresa: la guida a destra...) è stata l'esplosione di colori del murale di Malangatana che si trova proprio vicino all'aeroporto; poi ancora tanti altri colori, con il mare sullo sfondo, e tanta gente che vive per la strada come se fosse la propria casa, davanti ai negozi, ai bar, alle baracchine di frutta e di fiori.
E poi qualche “rassicurante” punto di riferimento che ci ha fatto pensare che tutto il mondo è paese (o villaggio globale): i “disco bar”, le pubblicità dei gestori telefonici, il faccione di Mourinho, l'onnipresente Coca cola.
Ancora non ci rendiamo conto di essere veramente arrivati: domani, dopo una buona dormita, cominceremo ad assaporare veramente questa esperienza...
Ancora non ci rendiamo conto di essere veramente arrivati: domani, dopo una buona dormita, cominceremo ad assaporare veramente questa esperienza...